NUVOLE DI FAVOLE - sette fiabe concatenate
1- DAGMAR IL DRAGO-BRONTOSAURO
Un giorno in una vecchia vecchia vecchia grotta, ci fu un terremoto, e in questa grotta dove per anni, decenni e secoli c’era stato solo ghiaccio, freddo ed immobilità, improvvisamente si aprì un varco in cui per la prima volta dopo tanto tempo entrò un raggio di sole.
Il sole con il suo calore penetrò dentro la grotta, e tutto il ghiaccio iniziò lentamente a sciogliersi.
In questo ghiaccio così antico era rimasto intrappolato un piccolo brontosauro, che si era addormentato tanti anni fa e non si era più svegliato.
Dopo tutto quel freddo improvvisamente il brontosauro iniziò a sentire un po’ di calore, e piano piano aprì un occhio, poi l’altro, e per la prima volta dopo tanti anni gli tornò la voglia di svegliarsi dal suo sonno.
Si stiracchiò lentamente, fece scrocchiare il collo, e si rialzò piano piano, muovendosi molto lentamente, come si muovono i brontosauri.
Il nostro brontosauro si chiamava Dagmar, ed era finito in quella grotta tanti anni prima, mentre stava giocando con un suo amico brontosauro a nascondino.
Dagmar, una volta risvegliatosi completamente, bevve un po’ d’acqua, fece la pipì, e decise di uscire dalla grotta a cercare il suo amico.
Ma fuori dalla grotta tutto era cambiato, evidentemente Dagmar aveva dormito più di quello che pensava.
Tutto intorno c’erano prati verdi e foreste, e lui a tutto quel verde non ci era abituato, ma decise che non era tanto male e iniziò ad andare in giro in esplorazione.
Gira che ti rigira, Dagmar arrivò nelle vicinanze di un lago. L’acqua sembrava calda e lui aveva proprio voglia di un bagnetto.
Si stava divertendo a nuotare, quando improvvisamente sentì molto rumore.
Sul bordo del lago c’erano degli strani animali schiamazzanti, erano bianco pallido, avvolti in qualcosa di morbido e colorato.
Facevano tanto rumore, si schizzavano, ridevano e giocavano.
Dopo un po’ di tempo i pallidi animali se ne andarono e ne rimase solo uno, addormentato sul bordo del lago.
Dagmar si avvicinò per guardarlo meglio, aveva la pelle liscia come quella di un serpente, ma era bianco-rosa, non aveva peli se non sulla testa, ed era un animale piccolo e buffo che camminava solo su due zampe.
Improvvisamente il pallido animale si risvegliò e aprendo gli occhi si accorse di Dagmar. Non disse niente, rimase immobile con gli occhi spalancati. Continuava a fissare Dagmar e non muoversi, e Dagmar iniziava ad annoiarsi e così decise di andarsene, perché quell’animale non era molto divertente.
Appena Dagmar girò la testa, l’animale pallido, si alzò velocemente e con uno scatto veloce si allontanò gridando a tutta velocità: Ahhh! Ahho! AAAAAhhhhoooooooo!
Gridava disperato. Dagmar si concentrò per capire, e senza sapere come, forse perché i brontosauri hanno la capacità di capire la lingua di tutti gli animali, lentamente capì quegli strani rumori, quell’essere pallido stava gridando: DRAGO!!
C’è un Drago, aiuto c’è un drago.
Cavolo, Dagmar ci rimase un po’ male, a lui drago non glielo aveva mai detto nessuno!
Vabbè che prima lui giocava tutto il tempo con gli altri brontosauri e non si era mai avvicinato così tanto ad altri animali… però da come urlava quell’animale pallido non sembrava che Drago fosse una bella parola!
Dagmar si sentiva un po’ offeso: “ma guarda se uno deve urlare in quella maniera per tutta la foresta dopo avermi guardato in faccia”. Gli sembrava un gesto di maleducazione, quell’animale non si era neanche presentato!
Dagmar se ne andò, fermandosi solo qua e là vicino alla cima di qualche albero per brucare un po’ di foglie.
Quando improvvisamente, vide un altro gruppo di piccoli animali pallidi.
Stavano camminando nella foresta.
Dagmar voleva provare a fare amicizia almeno con questi, magari saranno più simpatici di quel tipo strano vicino al lago.
-Buongiorno, disse educatamente.
Ma i piccoli animali pallidi lo guardarono terrorizzati e iniziarono a scappare da tutte le parti urlando: un Drago, un Drago, aiuto!
Dagmar iniziava ad arrabbiarsi: era solo, in un posto che non conosceva, e tutti gli animali che incontrava urlavano terrorizzati appena lo vedevano. Uffa!
Dagmar si sentiva solo, non sapeva dove andare e non c’era nessuno a cui chiedere un’informazione, per fortuna che c’erano tanti alberi e il buon cibo non gli mancava.
Dopo un po’ di tempo improvvisamente una folla di persone con dei bastoni pieni di fuoco si avvicinò. Erano tutti arrabbiati e gli mostravano i bastoni infuocati come una minaccia. Uno osò perfino avvicinargli il fuoco così tanto da bruciarlo. Dagmar si stancò e soffiò così forte da spegnere tutti i bastoni, così come un bambino soffia su una torta piena di candeline. Solo che uno dei bastoni invece di spegnersi volò via sopra un albero, e l’albero improvvisamente cominciò a bruciare!
“Avete visto il drago sputa fuoco e può bruciare tutto!!! Scappiamo scappiamo! Aiuto, aiuto!“
Dagmar si sentiva stanco e rintronato, molti alberi erano bruciati, gli animali pallidi avevano urlato tutta la notte e lui si sentiva sempre più solo e sconsolato.
Provò altre volte ad avvicinare quegli animali pallidi, in gruppo urlavano sempre più forte, allora Dagmar provò ad avvicinarne alcuni quando erano da soli. Si avvicinava lentamente, con gentilezza, sfoderando il suo miglior sorriso.
Ma non c’era niente da fare, puntualmente tutti scappavano terrorizzati.
Allora Dagmar iniziò a perdere la pazienza, e quando loro urlavano iniziò a urlare anche lui più forte che poteva, per fargli capire com’era sgradevole sentire urlare qualcuno. E piano piano Dagmar iniziò a divertirsi, capì che più urlava più quelli si spaventavano. E visto che si spaventavano comunque, tanto valeva che almeno lui si divertisse un pochino. E così che Dagmar diventò per tutti il terribile drago verde della foresta. Dagmar si nascondeva dietro gli alberi e quando spuntava un animale pallido gli faceva: Bu!!!
E puntualmente quello scappava terrorizzato a gambe levate!!
Allora Dagmar iniziò ad allenarsi a fare paura, imparò diversi tipi di urli, di smorfie, di digrignamenti sempre più spaventosi, poi iniziò a prendere pose buffe, quelle che aveva notato che facevano ancora più paura.
E così Dagmar pur rimanendo sempre solo, iniziò a divertirsi.
Soprattutto di notte, quando era molto buio, lui spuntava dai nascondigli all’improvviso e la gente rimaneva terrorizzata. Poi faceva dei versi strani, tipo il ruggito di un leone, così tutti pensavano che lui fosse crudele e feroce.
E Dagmar passava così le sue giornate: spaventando la gente a destra e a manca.
Finchè un giorno dietro un albero Dagmar trovò un bambino che quando lui fece Bù non si spaventò.
Dagmar gli fece le smorfie più spaventose che conosceva, ma quel bambino sembrava non avere affatto paura di lui.
Com’era possibile?
Dagmar faceva il cattivo e il bambino gli sorrideva?
Perché mai?
Il bambino si avvicinò sempre di più, senza paura, sorridendo e guardandolo negli occhi. E Dagmar già sentiva che in un certo modo quel bambino gli stava già simpatico.
Il bambino si avvicinò e gli accarezzò il grosso naso.
Dagmar iniziò a studiare quel bambino, a guardarlo bene, era così piccolo e mingherlino, iniziò ad annusarlo e scoprì che quel bambino sapeva di buono. Sapeva di buono non nel senso che era buono da mangiare, ma aveva l’odore di qualcosa di buono, cioè che non è cattivo.
Il bambino continuava a sorridere, e senza nemmeno accorgersene Dagmar iniziò a sorridere pure lui.
Il bambino chiese: “Come ti chiami?”
“Dagmar” – rispose Dagmar.
Dagmar si accorse che era passato tanto tanto tempo, da quando qualcuno lo aveva chiamato per nome, o gli aveva chiesto come si chiamava, e si accorse che gli era mancato tanto sentirsi chiamare da qualcuno col suo vero nome, invece che sentirsi sempre chiamato Drago.
-Io mi chiamo Adriano, disse il bambino.
E Dagmar capì di aver finalmente trovato un amico.
Da allora in poi Dagmar non si sentì più solo, perché aveva finalmente qualcuno con cui giocare, e parlare, e non desiderò mai più fare paura alla gente, ma voleva solo giocare e divertirsi con il suo nuovo piccolo amichetto pallido e senza peli.
1 Comments:
Passa da me c'è una sorpresina
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